RASSEGNA STAMPA

OGGI n. 29 - Sono anch'io vittima del G8

Catanzaro, 21 luglio 2009

Sparò a Genova. Ora Mario Placanica attacca. E denuncia un complotto
dal nostro inviato Giuseppe Fumagalli

Da Genova a L'Aquila. Da un G8 all'altro. Oggi come allora Mario Placanica si sente accerchiato. Allora, aveva 20 anni, era carabiniere in servizio di leva e il pomeriggio del 21 luglio 2001 si trovò al centro di un evento più grande di lui. Da quel giorno fino a oggi la sua vita non è più stata la stessa. Otto anni sono passati, ma e come fosse ieri. A Catanzaro, dove vive con i genitori e tre sorelle, si muove con la prudenza di un latitante. Da l'appuntamento al bar di un centro commerciale. Grandi occhiali neri, seduto a un tavolino isolato, martoriando una sigaretta e girandosi a controllare chi va e chi viene.

"CHIAMAVO MIA MADRE"
Placanica fa cominciare il suo racconto dai momenti che gli hanno cambiato la vita: «I no global avevano caricato», ricorda. «Carabinieri e polizia si erano ritirati e la nostra jeep è rimasta bloccata contro un cassonetto. Io ero steso suI retro. II puzzo di lacrimogeni mi dava il vomito, perdevo sangue dalla testa, ci arrivava addosso di tutto, i no global ci erano addosso. Ho sfilato la pistola e ho sparato due colpi. Poi Senza capire cos'era successo sono scoppiato in lacrime. Piangevo e chiamavo mia madre».
L'inchiesta durò un anno. I magistrati conclusero che uno dei due proiettili partiti dalla calibro 9 di Placanica aveva ucciso Carlo Giuliani, colpito in pieno volto mentre lanciava un estintore contro il fuoristrada dei carabinieri. Nel 2002 Placanica venne prosciolto in istruttoria. Secondo i magistrati aveva agito per legittima difesa. «Sensi di colpa non ne ho», dice Placanica. «Provo pena per Giuliani, ma nella stessa situazione credo che rifarei la stessa cosa. Se non avessi sparato ci avrebbero ammazzati, ci avrebbero bruciati vivi. Non ho pentimenti, ma un solo grande rammarico. Se poliziotti e carabinieri non fossero arretrati davanti ai no global noi non saremmo rimasti soli e ci saremmo evitati due tragedie. Avremmo risparmiato due vite. Quella di Carlo Giuliani. E la mia. Che da quel momento è stata sistematicamente fatta a pezzi».
Mario Placanica per la prima volta parla dell'altro accerchiamento. Quello che dura ininterrotto da 8 anni. Magari meno crudo e violento di quello dei no global. Sicuramente più subdolo e sottile.
«Finora ho tenuto la bocca chiusa per paura», spiega.
«Adesso parlo perche non ce la faccio più. Chiedo allo Stato di aiutarmi. A Berlusconi, al presidente della Repubblica, ai servizi segreti ... chiedo che qualcuno mi ascolti, mi renda una volte per tutte libero da chi vuole utilizzare la mia storia per colpire lo Stato e le sue istituzioni». Mario Placanica non fa nomi. «Carlo Taormina, il mio avvocato, sa già tutto e nelle sedi opportune sono pronto a fare nomi e cognomi», dice. «Già da adesso però posso spiegare cosa si muove attorno a me. C'è gente vicina a clan mafiosi della zona che vuol farmi passare per una vittima, il capro espiatorio di un omicidio commesso da altri. Hanno fatto di tutto per non farmi rientrare nei carabinieri. Mi hanno fatto passare per idiota, stressato ed esaurito, e nell'aprile 2005 quando l'Arma mi ha messo in congedo hanno stuzzicato il mio desiderio di vendetta.

"IL FATTO E' CHIARO"
«Vogliono rendere torbido un fatto chiaro, dire che io non c'entro, sono solo l'utile idiota per coprire le responsabilità di un alto ufficiale. Uno che quel giorno in piazza Alimonda ha sparato, per colpire e uccidere. E una manovra, una delle tante di cui la malavita ha bisogno, per screditare le istituzioni e lo Stato».
Su di sé e sui propri familiari Placanica denuncia ogni genere di pressioni. Dalla seducente prospettiva di facili ric-chezze, alla minaccia di essere rinchiuso in manicomio. «Promettono soldi a palate, sufficienti a sistemare la mia vita e quella della mia famiglia per intere generazioni», racconta l'ex carabiniere.

"PORTATEMI VIA DI QUI"
«Mi hanno offerto posti da onorevole a Roma o, più di recente, da parlamentare europeo. A un'unica condizione: gridare al complotto e sollevare un polverone sui fatti del 211uglio 2001. Quando si sentono dire di no, passano alle minacce. Ti rovineremo, dicono, ti faremo passare per pazzo, ti faremo interdire. Perché anche cosi, facendomi passare per uno scimunito, riuscirebbero a sostenere la tesi del Placanica che si è fatto fregare. E' gente malvagia. Per otto anni mi hanno impedito di trovare un impiego. Mi hanno lavorato ai fianchi in tutti i modi. Hanno per fino tirato in ballo una maga: una pazza che chiamava a casa e diceva che a uccidere Giuliani non ero state io ma un altro. E' gente pericolosa. E io chiedo allo Stato di essere sottratto ai loro artigli, di essere portato via di qui e messo nelle condizioni di avere una vita normale».